di Bruna Taravello

Questa è la storia di un manipolo di eroi che riuscì ad aver ragione di biciclette, scarponi e pure del meteo.

Un pomeriggio di un giorno da cani, climaticamente parlando, cercavano di far stare dentro auto di innegabile capienza biciclette, borse, teli e scarpe.

Ogni gruppo, più o meno alla medesima ora, all’ingresso di ogni varco autostradale da Pegli a Nervi, aspettava qualcuno: poteva essere chi aveva già deciso di partire pedalando sotto l’acquazzone, oppure chi faticosamente trasbordava bici e camere d’aria da un’auto all’altra, tutto questo mentre il cielo suggeriva vistosamente di ritentare un altro giorno.

Niente da fare: con gli inevitabili sfasamenti di orario, nel tardo pomeriggio stavano tutti attraversando, in vari punti, la Pianura Padana flagellata da quella che poi scoprirono essere un’alluvione, mentre si dirigevano verso Ferrara, punto di partenza.

E finalmente, ecco la città degli Estensi, ancora più suggestiva perché deserta e luccicante sotto la pioggia.

A questo punto inizia la presentazione e la conta di chi manca, così salta subito all’occhio di tutti che no, Ottonello non scherzava quando diceva che non ci sarebbe stato: il nostro mitico capo comitiva aveva gettato la spugna. Superato lo sconforto per questa scoperta, lo scettro del comando passa così ad Ivano, proclamato “conducator” forse suo malgrado ma abbigliato per la notte (le prove fotografiche lo inchiodano) in modo talmente inedito da guadagnarsi sul campo la sua stelletta da Numero Uno.

Ferrara, nonostante i piovaschi, merita una ricognizione notturna, ed il nucleo di quella che sarà la “Squadra Salvarani” (Marco, Bruna e Cinzia) scopre una gelateria che da sola sarà meritevole di una seconda ispezione più approfondita, cioè una doppia vaschetta di gelato misto!

Al mattino dopo, rapido recupero delle bici rimaste nelle auto, e prima caduta di Barbara, che per rifarsi contenderà a Paola lungo tutto il percorso il ruolo di best performer femminile.

Si pedala, usciti dalla città, lungo gli argini del Po fra l’erba lunga che accarezza le gambe, il sole che finalmente si mostra e i pescatori che preparano le esche.

Le soste per sgranocchiare qualcosa sono rapide, perché la tappa che ci porterà a Taglio di Po è lunga, infatti saranno quasi 90 km comprensivi di un piccolo sbaglio di itinerario: ma all’arrivo l’agriturismo accogliente, nel verde, gestito da una signora simpaticissima e molto amichevole ci ricompensa di tutti i dolorini che, dopo una pedalata così, quasi tutti sentiamo. Anche la cena, sempre grazie alla titolare dell’agriturismo, si rivela ottima ed anche utile per conoscere tante curiosità sul Delta, raccontate da una persona che decisamente ama la propria terra, con tutti i pregi e difetti che può avere. Una bella lezione, per noi liguri perennemente autolesionisti e brontoloni.

Il mattino dopo, sotto un cielo che non sembra promettere niente di buono, si parte dopo l’abbondante colazione, mentre Berti distribuisce integratori da sciogliere nelle borracce, Sergio copre con teli firmati Ktm la sua bici Ktm e predispone un kway Ktm: indovinate di che marca è lo zaino…

Siamo tutti con le gambe un po’ imballate ma Ivano e Marco cercano di sistemarci un po’ dal punto di vista tecnico, mi alzano la sella e mi insegnano a salire dopo la prima pedalata, e anche Micaela, ben più brava di me, viene spiazzata dal rialzo del sellino. Monica insiste con la sua caratteristica pedalata, ma in tante cose anche lei come tutti alla fine sarà molto più sciolta.

Si attraversa il parco e si arriva fino a Lido di Volano, senza dubbio il posto meno attraente fra tutti: non tanto per la zona in sé (anche se noi liguri siamo abituati a ben altri lidi) ma perché pare abbandonato, con tutte le case sbarrate, e comunque anche queste non certo una bellezza.

Ceniamo in un ristorante sulla laguna che non si distacca dalla mediocrità generale del posto, però noi siamo meno stanchi perché è stato meno lungo e molto più vario il percorso: abbiamo attraversato una foresta facendo sterrato, Sergio ha scoperto, e fatto vedere a tutti noi, una coppia di daini fra gli alberi, il cielo gonfio di pioggia ha comunque retto. Abbiamo anche avvistato i primi fenicotteri e le prime reti per le anguille…e alla sera, persino uno spaventatissimo riccio che cercava di nascondersi negli angoli bui.

Il terzo giorno, di nuovo pedalata molto lunga (abbiamo scoperto che Luigi Ottonello ha ottimisticamente approssimato i chilometri da percorrere, sempre molti meno di quelli reali!) ma giornata evidentemente molto difficile per Ivano, che vede le truppe indisciplinate reclamare soste non previste (e comunque molto lunghe) cominciando da Comacchio, che ci incanta con i suoi Trepponti, veramente troppo bella per essere liquidata con un paio di foto.

A questo punto, però, una volta posata la bici, Massimo per primo sperimenta la focaccia alla zucca,   tutti quanti vogliamo provare qualcosa e alla fine anche Ivano cede alla foto di gruppo sulla scalinata.

Adesso dovremmo correre, Lido Adriano ci aspetta, ma il panorama sta diventando veramente bello, la laguna ora è una presenza che prende tutto l’orizzonte, ad un certo punto non resistiamo alla debolezza di un selfie- Salvarani con Micaela membro onorario ma…Ivano si arrabbia di brutto, noi come bambini scappati dalla gita scolastica ci rimettiamo zitti e buoni a pedalare di gran lena.

Attraversiamo il fiume su di una chiatta, siamo divertiti come ragazzini, vediamo altre fattorie e altri fenicotteri, è una giornata ventosa e bellissima.

Ma prima di arrivare c’è ancora la foratura di Paola, e Cinzia e Monica che ad un certo punto sembrano non farcela più e poi riscoprono nuove energie (ma cosa ci mette Berti nelle sue bustine vitaminiche?) e finalmente siamo nel residence, tutto chiuso, sembra ci siamo solo noi e poche altre famiglie.

Questa volta ci tocca un’ottima cena di pesce, in un ristorante allegro ed accogliente, anche il vino è buonissimo e in fondo non dobbiamo guidare. Bravi Massimo e Ivano ad aver trovato questo locale, ma quando rientriamo c’è la bruttissima sorpresa: la bicicletta di Cinzia è scomparsa. E inizia pure a piovere, Sergio discute con Ivano, e tutti ci chiediamo come fare il rientro con una bici in meno.

Marco Berti non si rassegna, parte per una battuta di caccia alla bicicletta che vedo già persa in partenza; lo seguiamo da lontano senza convinzione, e invece…

Invece sì, la trova, abbandonata senza troppi complimenti sotto una tettoia, Cinzia e tutti noi siamo felicissimi, non era giusto rovinare un giro così divertente, ha pure smesso di piovere! Festeggiamo entusiasti il nostro eroe del giorno, Ivano per una sera deve cedere le stellette (che nel frattempo sono aumentate, riesce a sopportarci senza apparente difficoltà).

È l’ultima sera, chiacchieriamo più a lungo del solito, ormai le truppe si sono affiatate e anche quando ci si bisticcia un po’ subito dopo ci si scambia un sorriso: dev’essere la fatica che ci rammollisce o l’adrenalina che scarseggia.

Comunque, eccoci pronti per l’ultima tappa, verso Ravenna dove prenderemo il treno per Ferrara; il tragitto è piuttosto breve, ormai siamo abituati a ben altro, ma questa volta il cielo smette di favorirci e un po’ di pioggia la prendiamo davvero.

Arrivati a Ravenna ognuno sceglie che cosa vedere, chi i mosaici chi un giro di perlustrazione in città; Ivano rimane a guardia delle bici che abbiamo legato tutte insieme (a quanto pare la mia no, la catena non era fissata) e sembra nervoso (forse si sarà stufato delle nostre mille esigenze); noi ci prendiamo una piadina con lo squaquerone buonissima.

E poi via, alla stazione dove a fatica carichiamo i nostri ormai infangati e stanchi mezzi; ma a Ferrara il mercato nella piazza principale, il corso pieno di gente che passeggia con il gelato sono una tentazione troppo forte, e con Marco, Paola e Cinzia approfondiamo la conoscenza della città. Cinzia scatta foto che poi si riveleranno bellissime mentre con Paola perlustriamo le bancarelle e Berti con tanta pazienza ci sorregge le bici quando la foga dell’acquisto, e della foto, è troppo forte.

Che dire di più? Ivano e Marco, con Massimo e Sergio, si sono confermati ottimi ciclisti (ma grandissima l’imitazione di Berti in bici da parte di Cinzia, a sua volta imitata da lui nella pedalata sbilenca di quando è stanca ). Conferme anche per Paola e Barbara, ciclista esperta l’una ed avanzata l’altra. Micaela ottima performer mentre le esordienti Monica e Cinzia, oltre alla sottoscritta, si sono misurate con qualcosa di nuovo e ne sono comunque uscite vincenti.

Alla prossima, dunque: il manipolo di eroi che ebbe ragione del Po vorrebbe meritevolmente sfidare il Danubio, per uscire fuori dagli angusti confini nazionali .

E dunque, che Danubio sia, precettiamo la truppa già fin d’ora: e nuove adesioni verranno rigorosamente, e duramente, selezionate alla partenza. Luigi è avvisato.

Perché non tutti possono fare la storia, e pochissimi possono chiamarsi a scriverla.