di Marco Galaverna

Nella piazza antistante la stazione di Busalla, una piccola targa reca una scritta che riporto qui per intero: «Il 16 giugno 1944 sostarono in questa stazione ferroviaria i treni piombati carichi di lavoratori catturati nelle fabbriche genovesi dai nazifascisti ed avviati verso i campi di concentramento hitleriani. In quella circostanza, coraggiosi cittadini busallesi tentarono, senza riuscirci, di far fuggire i prigionieri. Da quella terribile esperienza, molti di loro, stremati da mesi e mesi di lavoro forzato, fame e violenze di ogni genere, erano destinati a non fare più ritorno. Sottraiamo all’oblio la memoria delle vittime, accomunandole nel ricordo ai cittadini della Valle Scrivia assassinati a Mauthausen e negli altri tragici campi di eliminazione e sterminio della Germania nazista. – Busalla, giugno 2005, nel 60° della Liberazione».

Dalle fabbriche genovesi, i tedeschi dopo il ’43 progettarono di trasportare in Germania sia operai sia macchinari, con treni che potevano partire proprio dagli stabilimenti Ansaldo e altri di Genova Campi, stazione all’epoca collegata tramite la “linea industriale” a Bolzaneto, per proseguire verso Busalla, Ronco Scrivia e il confine.

Tali deportazioni furono documentate nel film “Achtung! Banditi!” (1951) di Carlo Lizzani, girato anche a Trasta e nei vicini luoghi delle vicende storiche [1].

I treni dei prigionieri, composti da carri merce di tipo chiuso attrezzati con filo spinato, dovevano effettuare una sosta tecnica almeno a Busalla o a Ronco Scrivia. Infatti, per superare il tratto in salita oltre Pontedecimo, erano necessarie due o tre locomotive a ruote piccole che, dopo la galleria di valico, venivano in parte sganciate o sostituite da altre macchine. A quel tempo, le ferrovie dei Giovi erano elettrificate col sistema trifase e la trazione dei treni merci era affidata soprattutto a locomotive E.550 o E.551. Invece, da Campi a Bolzaneto o, se conveniva, fino a Pontedecimo, si andava a vapore, dal momento che la “linea industriale”, che oggi non esiste più, non fu mai elettrificata.

Nell’occorrenza di queste soste, abitanti di Busalla e Ronco, essendo praticamente impossibile concertare la fuga di deportati sotto la vigilanza e il tiro delle armi tedesche, provarono almeno ad alleviare le sofferenze dei connazionali porgendo loro acqua e pane, come si legge nella testimonianza a pag. 142 del libro [2]. Il viaggio da Genova a Mauthausen durava due giorni.

Sono tuttavia documentati pure tentativi di fuga dai “treni piombati”. Lo ricorda Pierino Cereseto a pag. 219 del citato libro [2]. A Mignanego, favoriti da un rallentamento dovuto a segnale giallo, tre prigionieri si buttarono giù da un carro di un treno in piena linea; due riuscirono a fuggire ma il terzo fu ripreso dai tedeschi, i quali spararono anche al casellante, a terra nella sua cabina, ritenuto colpevole di aver disposto al giallo il segnale, soltanto allo scopo di rallentare il convoglio.

Analogo episodio di tentata fuga da un treno diretto in Germania troviamo oggi nella sceneggiatura di “Avanti, Avanti!”, scritta da Alessandra Giordano e presentata la primavera scorsa all’Albergo dei Poveri di Genova, insieme con l’anteprima di un cortometraggio che, per la regia di Marco Bracco, sarà girato prossimamente. Per il medesimo soggetto è prevista una versione ampliata, che vede tra i personaggi un giovane Sandro Pertini nel ruolo di combattente partigiano, in forma di miniserie televisiva, già sceneggiata dalla stessa autrice.

Nella foto, la stazione di Busalla vista dal lato dei binari nel suo aspetto attuale. Testimoni del passato restano soltanto il fabbricato viaggiatori e le digradanti cime del silenzioso Appennino. Tutto il resto è cambiato e via più arduo appare tenere in vita, presso le giovani generazioni, la memoria degli eventi di quasi ottant’anni fa. A tale intento contribuiscono la piccola targa all’inizio ricordata e, anche grazie alla nostra Superba, le iniziative del Dopolavoro.

 

[1] “Riqualificazione post-industriale e aree ferroviarie dismesse”, presentazione presso la Biblioteca Cervetto (Genova Rivarolo), 30/10/2018

[2] F. Bertuccio, M. G. Mello (a cura di) “Quelle grandi ruote rosse”, ed. SAGEP, 2013.

 

ERRATA CORRIGE

Nella pagina dello scorso aprile della rubrica, intitolata “La dirigenza unica, ieri e oggi”, è scritto che la sede del Dirigente Unico della linea Bolzaneto – Campi era a Rivarolo; tale sede, invece, fu a Genova Campi. Alla redazione, la mia correzione giunse purtroppo in ritardo rispetto alla pubblicazione.
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Marco Galaverna

Nato a Genova nel 1963, si è laureato in Ingegneria Elettronica presso l’Università degli Studi di Genova e presso il medesimo ateneo ha conseguito il Dottorato in Ingegneria Elettrotecnica. Dal 1989 fornisce supporto presso la stessa Università alle attività didattiche per diversi corsi attinenti all’Ingegneria dei Trasporti. Socio dal 1990 del Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani (C.I.F.I.) è stato Delegato della Sezione di Genova di tale Collegio dal 1998 al 2006. È autore di oltre 100 pubblicazioni scientifiche nel campo dell’Ingegneria dei Trasporti e del libro “Tecnologie dei trasporti e territorio” insieme al Prof. Giuseppe Sciutto. Dal 1992 è docente di Elettronica e materie affini presso l’Istituto d’Istruzione Secondaria Superiore Einaudi-Casaregis-Galilei di Genova.