di Marco Galaverna

 

Dal 2018, i treni a idrogeno in Germania sono una realtà, destinata a diffondersi anche in altri Paesi europei. Al momento in cui scriviamo, oltre che dei prototipi tedeschi già circolanti, si ha notizia di ordini o progetti in corso, per treni a idrogeno, in Austria, Francia e Regno Unito [1]; da altra fonte risultano interessate anche le ferrovie italiane.

Il nuovo tipo di propulsione utilizza le “celle a combustibile” (in inglese, fuel cell), dispositivi alimentati a idrogeno che, attraverso una reazione chimica, producono una tensione elettrica. Questa, convertita tramite inverter da continua ad alternata, fornisce l’energia ai motori, che sono elettrici, di tipo asincrono trifase. Varie reti ferroviarie guardano con attenzione agli sviluppi della nuova tecnologia, per motivi ambientali, con il progetto di eliminare la trazione diesel.

Nella figura è riportato lo schema del primo treno con celle a combustibile in servizio commerciale, denominato Coradia iLint e costruito da Alstom: si tratta di un convoglio automotore composto da due elementi con 150 posti a sedere complessivi. Le apparecchiature di bordo sono ripetute simmetricamente nelle due casse. Gli accumulatori elettrici sussidiano le celle nei momenti in cui, come all’avviamento, è necessaria una maggiore potenza per la propulsione. La reazione chimica che fornisce l’elettricità ha come prodotto di scarto il semplice vapore acqueo, perciò la marcia del treno in sé non causa alcun inquinamento atmosferico.

L’alimentazione delle celle a combustibile comporta di avere a bordo le scorte di carburante. L’idrogeno, in condizioni normali di temperatura e pressione, è un gas; non conosciamo il modo con cui esso verrà contenuto sui futuri treni italiani ma l’immagine di un serbatoio per il gas si associa a quella della bombola.

Avremo nuovamente treni con le bombole? Si tratterebbe di un ritorno perché, proprio in Italia, i treni con le bombole ebbero in un certo momento storico un ruolo non trascurabile. Per ricordarne le vicende occorre tornare all’inizio della Seconda Guerra Mondiale, allorché la penuria di combustibili costrinse le FS ad accantonare le automotrici a nafta o a benzina, presenti all’epoca in varie centinaia d’esemplari, di recente costruzione, o a trasformarle in carrozze rimorchiate [2].

La scoperta di giacimenti di gas sul territorio nazionale suggerì di modificare le automotrici con motore a scoppio per alimentarle a metano. Ciò avvenne, dal 1941, per varie decine di unità (soprattutto dei Gruppi ALb 56, ALb 64 e ALb 80) che ripresero servizio su varie linee della Pianura Padana, facenti per lo più capo a Mantova [3]. Le bombole erano installate nel sottocassa, senza alcuna perdita di spazio utile nei vani per i viaggiatori, e il passaggio dall’alimentazione a benzina a quella a gas non comportò alcun calo di prestazioni. Alla luce di questi vantaggi, la trazione a metano, nata per necessità nelle ristrettezze del tempo di guerra, fu mantenuta nei successivi anni Cinquanta ed anzi ampliata a circa un centinaio di mezzi.

Ne decretò la fine un tragico incidente avvenuto a Fòssoli (MO) nel 1960, lungo la linea Verona – Modena: a un passaggio a livello, un’automotrice si scontrò con un veicolo stradale e nell’incendio che ne seguì si ebbero tre vittime. Resta nella storia delle nostre ferrovie il fatto che, per quasi vent’anni, svolsero servizio viaggiatori treni alimentati a gas.

Decisamente meno fortunato fu l’esperimento, condotto dalle FS negli anni Cinquanta, consistente nel modificare per l’alimentazione a metano due locomotive a vapore (640.074 e 743.408), con bombole dello stesso tipo di quelle usate per le automotrici, collocate in parte sul tender al posto del carbone, in parte in un carro apposito. La pericolosità dell’esperimento si manifestò subito con un principio d’incendio e il proposito fu abbandonato [4].

 

 

[1] “Laying the foundations for energy-efficient traction”, International Railway Journal, n. 4/2019

[2] https://www.superbadlf.it/wordpress/2017/10/26/il-treno-nella-storia-automotrici-senza-motore/

[3] A. Muratori, “Città e binari: Mantova”, Rivista Ferrovie, ottobre 1979

[4] E. Mascherpa, “Locomotive a metano”, Rivista I Treni oggi, n. 13/1981.
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Marco Galaverna

Nato a Genova nel 1963, si è laureato in Ingegneria Elettronica presso l’Università degli Studi di Genova e presso il medesimo ateneo ha conseguito il Dottorato in Ingegneria Elettrotecnica. Dal 1989 fornisce supporto presso la stessa Università alle attività didattiche per diversi corsi attinenti all’Ingegneria dei Trasporti. Socio dal 1990 del Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani (C.I.F.I.) è stato Delegato della Sezione di Genova di tale Collegio dal 1998 al 2006. È autore di oltre 100 pubblicazioni scientifiche nel campo dell’Ingegneria dei Trasporti e del libro “Tecnologie dei trasporti e territorio” insieme al Prof. Giuseppe Sciutto. Dal 1992 è docente di Elettronica e materie affini presso l’Istituto d’Istruzione Secondaria Superiore Einaudi-Casaregis-Galilei di Genova.