Come vi avevamo anticipato qualche giorno fa in un’intervista, siamo felici di annunciare che arriva su Superba la rubrica “Un treno carico di… libri” a cura dell’ex consigliere e assessore comunale di Genova Simone Farello. Farello, che ha inaugurato di recente un blog che parla proprio di letteratura, pubblicherà qui una serie di recensioni incentrate proprio sul mondo dei treni. 

Il rapporto tra letteratura e ferrovie d’altronde è tutto da indagare: il treno è uno dei mezzi di trasporto preferiti dai lettori perché ci si può sedere e leggere, distraendosi per qualche attimo dalla routine. E allora vi invitiamo a mettervi comodi (come se foste in treno!) e a leggere questa prima recensione.

Un grande ringraziamento va a Simone Farello che ha deciso di imbarcarsi in questa avventura insieme a noi! 


“L’età dell’oro” di Mark Twain e Charles Dudley Warner

di Simone Farello

Il ruolo decisivo del treno nella rivoluzione industriale è ormai una vulgata, un dato così acquisito da non sollecitare la necessità di approfondimenti. Eppure il rapporto tra ferrovia e trasformazione del paesaggio sociale ed economico è molto più articolato e controverso di quello che troviamo nei sussidiari scolastici.

Ma quello che scompare è, nelle vulgate, il processo di produzione e i suoi protagonisti.

Noi studiamo il trionfante avvento del treno come l’apogeo della macchina a vapore prima e dell’elettricità poi, celebrando una tecnologia che con la sua velocità e la sua capacità ha accorciato le distanze, modificando in modo definitivo l’idea stessa di territorio e di confine. Dopo secoli di stanzialità con il treno le persone possono finalmente muoversi, avere la possibilità di andare altrove e la concreta speranza di tornare da dove si era partiti.

Ma quando un fatto storico assume questi connotati è entrato in una dimensione archeologica del sapere ciò che noi osserviamo rischia di essere solo la proiezione della nostra nostalgia per un passato che in realtà non è mai esistito nel modo in cui noi oggi lo ricostruiamo. Quando osserviamo la fatiscenza o la rovina di un vecchio stabilimento industriale e rimpiangiamo i bei tempi andati della classe operaia, ci dimentichiamo che quella classe non solo non è mai andata in Paradiso, ma viveva in qualcosa che per molto tempo è stato abbastanza simile all’inferno.

Quando guardiamo le foto di una vecchia locomotiva o ammiriamo la Gare du Nord in un quadro di Monet quello che non siamo più in grado di vedere sono, ad esempio, le feroci condizioni di sfruttamento in cui sono vissuti molti di coloro che le ferrovie le hanno costruite e manovrate.

Ma spesso accade che ciò che scompare dalla storia ritorni nella letteratura, e nei romanzi o nei racconti di ambientazione o tema ferroviario possiamo riscoprire l’impatto sociale ed umana del treno non con gli occhi del viaggiatore affascinato ma con quelli di tutti coloro che sono stati coinvolti direttamente in un’epopea in cui gli eroi sono spesso le vittime dimenticate.

Le storie della ferrovia

Quello che ci proponiamo di fare quindi è quello di restituire attraverso la narrativa le storie della ferrovia che non solo non tolgono nulla al fascino dei vagoni e delle rotaie ma che restituiscono la vicenda del treno alla sua dimensione di avventura umana.

Molta della migliore letteratura ferroviaria è americana: gli Stati Uniti d’America sono la prima e forse l’unica nazione fondata sulle ferrovie. Nel grande continente nord americano il treno non collegava le città ma le fondava, decidendo, con i suoi tracciati, dove sarebbero nate.

Le persone scommettevano sulla ferrovia e investivano montagne di dollari in terreni in cui pensavano che il treno sarebbe passato. Non sempre si vinceva: le città fantasma americane sono o città dove ad un certo punto il treno non è più passato o città in cui il treno non è arrivato mai.

“L’età dell’oro”

Nessun manuale racconta meglio questa storia de L’Età dell’Oro di Mark Twain e Charles Dudley Warner. È un’opera poco conosciuta ma così fondamentale che ha contribuito a dare il nome ad un’epoca, la Gilded Age del titolo originale. Ovvero i decenni dalla fine della Guerra Civile agli inizi del XX Secolo, quando l’economia americana superò quella britannica in un tripudio di disuguaglianza, in cui pochissime persone erano ricche oltre il limite della decenza e tutte le altre – il 99% – erano piene di debiti, poverissime o entrambe le cose. I ricchi stavano a Wall Street e tutti gli altri in giro per le grandi pianure, tentando di indovinare dove sarebbe passata la ferrovia.

Se Via col Vento racconta con i toni del melodramma la fine del mondo sudista sconfitto L’Età dell’Oro descrive, intingendo la penna nell’inchiostro nerissimo della satira, il mondo nordista trionfante, con la sua voracità, la sua astuta ignoranza, la sua forza bruta. Un mondo che crollerà rovinosamente nel 1929, trascinando con sé nella fossa milioni di persone innocenti, e consegnando alla più straordinaria generazione di scrittori di tutti i tempi una realtà così nuda e cruda che non avrebbe sopportato il distacco della caricatura. 

Mark Twain osserva gli effetti oscuri del progresso basato sulla dissipazione e sulla distruzione e ne fa un resoconto irriverente che scolpisce in pagine di narrativa più efficaci di qualunque testo marxista leninista. Dimostrando che, per il capitalismo, più dell’oro potè la ferrovia.

Tanti buoni motivi per leggere questo libro

Se quanto detto non bastasse a convincervi a leggere L’Età dell’Oro, ce ne sono altri:

  • dei personaggi femminili come non ne avete mai letti né mai ne leggerete. Troverete l’arrampicatrice sociale che finirà male; l’ambiziosa ragazza emancipata che vuole diventare medico e non dedicarsi a intrattenere giovanotti nel salotto di papà, che finirà meglio; la mite ma ostinata ragazza realista che non si sa come finirà;
  • un processo penale, con tanto di avvocati provvisti di forbita retorica, con la stessa suspense di un episodio di Perry Mason;   
  • Eschol Sellers, che per molti critici vale da solo tutto il libro: è uno dei casi in cui i critici hanno una sacrosanta ragione.   

Infine: l’ha scritto Mark Twain, che oltre che uno dei più grandi romanzieri di tutti i tempi è un grande scrittore ferroviario.

******************************************

Simone Farello, già assessore e consigliere comunale di Genova, scrittore e blogger (“Simone Farello simply a reader”) scrive per “Superba” una serie di recensioni incentrate proprio sul mondo dei treni.