di Giovanni Bozzano

Alla fine del XIX secolo la gestione delle ferrovie era regolata in Italia dalle cosiddette convenzioni che ne assegnavano l’esercizio a società private; le principali erano la Società Italiana per le strade ferrate del Mediterraneo per complessivi 6074 km di linea e la Società Italiana per le strade ferrate Meridionali e rete Adriatica per 6864 km. Vi erano poi altri gestori minori di linee secondarie e della rete Sicula. Lo Stato conservava la proprietà delle reti e si riservava il controllo finanziario e tecnico dell’esercizio tramite una Direzione Generale del Ministero dei Lavori Pubblici.

Per superare le problematiche connesse con la trazione a vapore, quali l’approvvigionamento del carbone ed i fumi nelle gallerie, nel 1897 si avviò lo studio della trazione elettrica e venne costituita allo scopo una commissione composta sia da tecnici del Ministero, gli ingegneri Nicoli e Grismayer, sia da rappresentanti delle due principali società; tra essi citiamo l’Ing. Riccardo Bianchi della Mediterranea, che fu tra gli ideatori degli apparati centrali idrodinamici e che divenne nel 1905 il primo Direttore Generale delle Ferrovie dello Stato.

Il mandato della commissione era quello di definire, scegliendolo tra quelli allora conosciuti, il sistema di trazione elettrica da applicare alle linee a scarso traffico della rete al fine di soddisfare le esigenze dei servizi sia merci che viaggiatori contenendo le spese di gestione; la commissione doveva inoltre stabilire le nuove norme di esercizio e gli eventuali adeguamenti alle leggi e regolamenti.

IL CONTESTO TECNOLOGICO DELL’EPOCA

A quel tempo in Europa c’erano pochi precedenti di linee elettrificate, principalmente tranvie alimentate con corrente continua a 500-600 Volt tramite semplice filo di contatto o terza rotaia e ritorno tramite il binario, realizzate con la tecnologia americana che allora era all’avanguardia. In quel periodo fervevano però gli studi sulla corrente alternata: nel 1884 all’esposizione presso il Museo Industriale di Torino, organizzata da Galileo Ferraris, erano stati presentati i primi esemplari di trasformatori realizzati dal francese Gaulard e dall’inglese Gibbs; lo stesso Ferraris aveva studiato le proprietà del campo rotante, che costituisce il principio di funzionamento dei motori asincroni.

L’industria europea più avanzata nel settore era la Ganz di Budapest che stava conducendo esperimenti sulla trazione ad alta tensione trifase sotto la guida dell’ing. Kalmàn Kandò. Presso la Ganz venivano testati i materiali isolanti e realizzati prototipi di motori, trasformatori, pantografi e di scambi aerei. In particolare, tramite test eseguiti su un binario di prova, fu smentita la diffusa convinzione che l’impedenza delle rotaie in ferro costituisse eccessivo ostacolo alla conduzione della corrente alternata.

IL SUPPORTO PER LA SCELTA

L’Ing. Grismayer, che aveva partecipato agli esperimenti presso la Ganz su incarico del Ministero, nel dicembre 1898 elaborò una relazione, che per volontà dello stesso Ministro fu inserita come allegato al verbale dei lavori della commissione per la trazione elettrica, nella quale analizzava in dettaglio le varie problematiche collegate alla trazione elettrica, in particolare riguardo alla natura delle correnti da impiegare ed alla sicurezza delle linee e dei mezzi.

Grismayer, nella relazione prodotta, evidenziava che per trasportare in maniera conveniente l’energia dalle centrali idroelettriche di produzione, ubicate sulle montagne, sarebbe stata necessaria una tensione il più possibile elevata il cui valore veniva stimato in 25000 Volt. Anche per la linea secondaria era necessaria una tensione il più possibile elevata, sia per ridurre le cadute di tensione ed aumentare quindi la distanza tra i punti di alimentazione che per ridurre la corrente che, se troppo alta, avrebbe compromesso la regolare captazione e quindi anche la durata del filo di contatto.

A quel tempo la corrente continua veniva prodotta, oltre che tramite pile o batterie di accumulatori, solo con macchine rotanti la cui tensione, per motivi di isolamento interno e del collettore, non poteva superare l’ordine di grandezza dei 600 – 700 Volt. Le macchine a corrente alternata, avendo gli avvolgimenti di potenza sulla parte fissa (statore) potevano invece funzionare anche a tensioni superiori; in oltre la tensione alternata poteva essere facilmente e con alto rendimento amplificata o ridotta nel proprio valore, a seconda delle necessità, tramite i trasformatori.

Per le ragioni suddette, sebbene ai motori in continua fosse riconosciuta una più agevole regolazione della velocità e della coppia, l’indicazione della relazione fu a favore della corrente alternata, in particolare del sistema trifase, in quanto erano trifasi i principali impianti di produzione e di trasporto dell’energia ed in più le linee di distribuzione ed i trasformatori trifasi, a parità di potenza, garantivano un maggior rendimento ed un risparmio di rame rispetto ai sistemi monofasi. Sempre il Grismayer riteneva secondari i problemi connessi alla rigidità della regolazione della velocità dei motori trifasi, compensati dall’offerta di una maggior potenza complessiva.

LA SICUREZZA

La relazione continuava con l’esame dei rischi che l’elettrificazione avrebbe introdotto e delle conseguenti condizioni di sicurezza necessarie sia nei confronti del personale addetto che del pubblico, ad esempio negli attraversamenti stradali, e metteva in evidenza come al tempo non esistessero ancora esperienze e normative a proposito, anche per l’impossibilità di sperimentare direttamente gli effetti dell’alta tensione sulle persone. Al tempo era convinzione che fossero pericolose le tensioni continue superiori a 500 – 600 Volt mentre la corrente alternata era ritenuta pericolosa già a 300 Volt. La relazione affermava invece che anche le tensioni inferiori ai suddetti valori erano comunque pericolose, pertanto il problema della sicurezza non si doveva affrontare adottando bassi voltaggi ma costruendo gli impianti con criteri di buona tecnica. In particolare i conduttori dovevano essere ben isolati dalle strutture e sicuramente fissati con l’impiego di idonei materiali; dovevano poi trovarsi ad altezza adeguata affinché non fosse possibile venirne in contatto, in particolare sui passaggi a livello. In caso di caduta di un conduttore per rottura sua o dell’isolatore l’impianto doveva essere protetto con la disalimentazione immediata ottenuta tramite l’intervento di interruttori di protezione o fusibili.

L’ultima parte della relazione conteneva le analisi tecniche delle prove sugli isolanti e sulle varie apparecchiature necessarie, quali i motori, i trasformatori, gli scambi ed i trolley.

CONCLUSIONI DELLA COMMISSIONE

La commissione ritenne di ampliare lo studio anche oltre il mandato ricevuto mirando all’obbiettivo finale di estendere la trazione elettrica anche alle linee a traffico intenso dell’intera rete e propose di dare l’avvio a quattro sperimentazioni, due per ciascuna delle società principali:

  • Due sperimentazioni con vetture per solo servizio viaggiatori a trazione elettrica con accumulatori, rispettivamente sulle tratte Bologna – S. Felice sul Panaro di circa 42 km e Milano – Monza di circa 15 km. L’esercizio su queste tratte iniziò nel 1899 con vetture a velocità massima di 60 km/h e si concluse nel 1903 con esito non soddisfacente a causa dei numerosi inconvenienti, del basso rendimento elettrico e degli oneri manutentivi richiesti dalle batterie: si pensi che il peso degli accumulatori di una sola carrozza era di circa 8 tonnellate.
  • Una sperimentazione per solo traffico viaggiatori, della tipologia di altre già esistenti all’estero, con trazione elettrica corrente continua 650 V con terza rotaia. Era stata inizialmente prevista sulla tratta Roma – Frascati ma fu poi realizzata sulla Milano – Varese e venne successivamente estesa fino a Porto Ceresio per complessivi 75 km. L’esercizio del primo tronco iniziò nell’ottobre del 1901, mentre l’estensione avvenne nel giugno dell’anno successivo. Il sistema rimase in esercizio fino al 1951, e negli ultimi anni di vita convisse col sistema attuale a 3 kV cc. La terza rotaia aveva il peso di 45 kg per metro ed era sistemata lateralmente a circa 65 cm dal binario, all’altezza di circa 14 cm sul piano del ferro e nelle stazioni e sui passaggi a livello era protetta superiormente con tavole di legno. La presa di corrente era realizzata con uno strisciante in ghisa che poggiava per gravità sulla terza rotaia. Le automotrici impiegate potevano essere assemblate in composizione multipla e condotte contemporaneamente tramite comandi a distanza da una sola di esse.
  • Una sperimentazione innovativa a corrente alternata trifase 3 kV e 15 Hertz sui tratti di linee della Valtellina, Lecco – Colico – Sondrio e Colico – Chiavenna, da realizzare con la collaborazione della ditta Ganz, utilizzando l’energia prodotta tramite apposita centrale idroelettrica sull’Adda. L’impianto comprendeva anche una linea di trasporto e distribuzione dell’energia a 15 kV ed i trasformatori per ridurre la tensione ai 3000 V necessari all’alimentazione della linea di contatto, che era costituita da un filo per ciascuna delle due fasi aree e la terza fase era collegata alle rotaie.

Mentre era ancora in atto la disputa tra i “vaporisti” e gli “elettricisti” la notizia dell’esperimento con alta tensione trifase diede adito a notevole scetticismo sia tra i tecnici italiani che stranieri in quanto molti ritenevano azzardato portare la tensione di 3000 Volt all’interno delle locomotive; questi mettevano anche in risalto le problematiche connesse all’alternata trifase, quali la regolazione della velocità e la captazione della corrente, in particolare sugli scambi dove occorreva mantenere l’isolamento tra le due fasi aeree.

Il servizio con trazione elettrica sulle linee valtellinesi fu attivato il 15 ottobre 1902 utilizzando locomotive Ganz della serie E36, munite di due motori doppi con potenza oraria di 300 kW ciascuno e con due velocità di 32 e 64 km/h, ottenute collegando rispettivamente in cascata ed in parallelo i motori. Si presentò subito la criticità della bassa velocità, tanto che alcuni treni viaggiatori tornarono a trazione termica. Tuttavia la commissione incaricata di verificare l’esito della sperimentazione, pur segnalando gli inconvenienti tra i quali anche i disturbi che la corrente alternata apportava alle trasmissioni telegrafiche, riuscì a mettere in evidenza i vantaggi della trazione trifase, quale il recupero di energia che poteva realizzarsi nei tratti in discesa, ed a dimostrare come l’esperienza ed il progresso stessero già contribuendo a risolvere molti dei problemi che si presentarono.

Nel 1907 iniziarono i lavori di elettrificazione a corrente alternata trifase sulla importante linea dei Giovi ma di questi parleremo più ampiamente in un prossimo numero.

 

Bibliografia:

“Storia della trazione elettrica ferroviaria in Italia” di Mario Loria;

“L’elettrificazione delle ferrovie italiane” di Emilio Maraini;

“Le Ferrovie” di Stefano Maggi.

 
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Il progetto Scuola Ferrovia è curato dalle Associazioni DLF territoriali, alle quali gli Istituti scolastici si possono rivolgere per concordare gli interventi in aula di qualificati esperti e i viaggi in treno agli impianti ferroviari. A disposizione degli insegnanti viene messa la pubblicazione Ferrovie italiane 1839 – 2014. Dalla Napoli-Portici al Frecciarossa 1000, agevole strumento di consultazione e guida per lo studio della materia, nelle sue molteplici sfaccettature.