di Marco Galaverna

Un viaggio turistico in Sicilia, nel giugno 1980, mi condusse a visitare il tempio greco di Selinunte, oggi in provincia di Trapani. La città di Selinunte fu fondata nel 629 – 628 a.C. da coloni greci già stanziati in Sicilia; fu distrutta dai Cartaginesi nel 409 – 408, risorse solo in parte e pur tuttavia le rovine testimoniano uno sviluppo edilizio fra i più cospicui dell’antichità ellenica [1]. Peraltro è noto che i templi greci meglio conservati oggi si trovano in Italia e non in Grecia; il principale di Selinunte si mostra eretto in gran parte della sua struttura.

Il punto di partenza della mia escursione, ovviamente in treno, fu Castelvetrano, stazione di diramazione della Palermo – Trapani, da cui originava la linea a scartamento ridotto per Agrigento.

Quest’ultima, all’epoca del mio viaggio, era l’ultima sopravvissuta della rete a scartamento ridotto (950 mm) delle FS e dal 1978 i servizi vi erano limitati a Ribera, cioè circa a metà percorso [2].

Il piazzale della stazione di Castelvetrano era diviso in due fasci di binari: quello a scartamento ordinario, della linea Palermo – Trapani, ancora oggi in funzione, e quello a scartamento ridotto, più lontano dal fabbricato viaggiatori. L’impianto era sede di Deposito Locomotive, con binari di entrambi gli scartamenti.

Tutto il servizio viaggiatori, sulla linea a scartamento ridotto, era svolto dalle automotrici diesel RALn 60 ma la coppia di treni merci fra Castelvetrano e Sciacca era ancora appannaggio delle locomotive tender R.302. Potei quindi vedere e fotografare l’ultimo servizio merci previsto e svolto regolarmente a vapore sulla rete FS: non un treno storico o speciale, ma un treno merci ordinario a vapore, inserito come tale nell’orario di servizio. Belle fotografie si possono vedere nell’articolo [3], forse il più recente dedicato all’argomento. Il comprensorio di Sciacca generava un certo traffico di prodotti ortofrutticoli, vinicoli, dell’industria del legno e del vetro, che richiedevano pure l’inoltro di carri a scartamento ordinario, caricati su appositi pianali muniti di assi a scartamento ridotto.

Nel 1983, per sostituire le locomotive a vapore R.302, di cui erano rimaste solo due unità efficienti, le FS misero in servizio due locomotive diesel nuove, immatricolate RD.142, le quali ebbero però sulla nostra linea un’esistenza breve dal momento che, nel quadro di un ampio programma di dismissione di ferrovie a scarso traffico, sulla linea Castelvetrano – Ribera con l’inizio del 1986 fu sospeso ogni servizio viaggiatori e merci.

A questo riguardo va osservato che il bacino d’utenza potenziale della ferrovia non sarebbe stato trascurabile; Sciacca ha una popolazione di quasi 40.000 abitanti, Castelvetrano sfiora i 30.000, Menfi e Ribera hanno tra i dieci e quindicimila abitanti e sono servite da strade provinciali interne, perciò tortuose, senza alternative autostradali. Purtroppo, le caratteristiche del servizio offerto erano tali da scoraggiare chiunque, se non appassionato, a intraprendere uno spostamento in treno. Possiedo ancora l’Orario Pozzo dell’estate 1980 (all’epoca le FS non stampavano un orario ufficiale per il pubblico): vi si leggono quattro coppie di treni al giorno fra Castelvetrano e Ribera, più un’ulteriore coppia limitata a Sciacca. Tenendo conto della coincidenza con il bus sostitutivo a Ribera, partendo alle 5.08 da Castelvetrano, l’arrivo ad Agrigento era previsto alle 9.12: quattro ore di viaggio per 134 km.

La potenzialità turistica della ferrovia era ignorata. Peccato, perché la zona archeologica di Selinunte, a poche centinaia di metri dal mare, è vicina all’omonima fermata e la viabilità della zona, e invero di tutta quella fascia costiera, è modesta, perché i maggiori centri abitati sono nell’interno.

Le ipotesi di ripristino di un servizio ferroviario fra Castelvetrano e Agrigento sono utopistiche, anche perché le proposte avanzate si polarizzano intorno a due visioni contrastanti.

Da un lato c’è chi propone di riaprire all’esercizio turistico la sola tratta iniziale fino a Porto Palo (frazione di Menfi), mantenendo lo scartamento ridotto e il tracciato d’origine, tortuoso e accidentato, con pendenze fino al 25 per mille. Qui un intervento di Fondazione FS non sarebbe impossibile; la sede ferroviaria, pare almeno fino a Selinunte, è riutilizzabile senza grosse difficoltà e forse il maggior ostacolo sarebbe il reperimento di adeguati rotabili a scartamento ridotto, che nel parco FS non ci sono più.

Dal lato opposto, c’è invece chi punta su un servizio ferroviario regolare ed efficiente fra Castelvetrano e Agrigento. Ma ciò è incompatibile col tracciato d’origine e quindi occorrerebbe costruire un’infrastruttura nuova, ovviamente a scartamento ordinario, su un tracciato in parte diverso e con notevoli costi, data la natura accidentata dei luoghi, nonché prevedibili difficoltà di inserimento nei centri abitati.

Naturalmente, ogni problema d’ingegneria con la volontà politica e le risorse adeguate si supera; la questione insomma si sposta sul piano delle priorità negli interventi al sistema nazionale dei trasporti.

 

[1] E. Pais, “Storia della Sicilia antica”, Edizioni Librarie Siciliane, s.d., pagg. 47 – 48

[2] N. Molino, “La rete FS a scartamento ridotto della Sicilia”, Torino, Edizioni elledi, 1985

[3] F. Santonocito, “Il merci a vapore Castelvetrano – Sciacca”, Rivista I Treni, n. 442, dic. 2020