di Elisabetta Spitaleri

“IL MONDO DI HORTEN”
Titolo originale “O’ Horten”, 
Norvegia 2007 
diretto da Bent Hamer

Il regista e sceneggiatore norvegese Bent Hamer ama descrivere situazioni in apparenza improbabili e assurde ma che a ben vedere non sono poi così lontane dalla realtà. Chi ha visto il suo lungometraggio “Kitchen Stories” (2003) avrà certamente apprezzato la sua capacità di svelare il surreale nascosto nell’esistenza di tutti i giorni. E’ basato su una storia vera: nei primi anni ‘50 un istituto svedese avviò una serie di analisi sui movimenti delle donne durante i lavori di cucina allo scopo di correggerne sprechi di tempo, energie, denaro. Estesa la ricerca agli usi maschili, mandò i suoi osservatori nel villaggio norvegese di Landstad dove molti uomini vivevano soli. Perciò, con l’obiettivo di realizzare la cucina perfetta questi scapoli vengono monitorati 24 ore su 24 ai fornelli. Isak, uomo burbero e attempato, accetta mal volentieri di fare da cavia: finisce, così, sotto gli sguardi indiscreti di Folke, timido ricercatore che segue la vita domestica di Isak in silenzio dall’alto di un seggiolone simile a quello usato dagli arbitri di tennis, senza avere alcun rapporto con l’osservato, per non inficiare i risultati della ricerca. Storia vera dunque ma al limite dell’assurdo e l’intento del regista è smascherare con l’arma dell’ironia il volto più cinico e grottesco di certi metodi capitalistici e di come si cerchi di condizionare lo stile di vita e il tempo delle persone influenzandone gusti, consumi e imponendo tabelle di marcia.

Ho divagato parlando di un precedente film di Hamer per introdurre “Il Mondo di Horten”, un altro soggetto bizzarro, denso di umanità ed umorismo il cui senso è che la vita ci può riservare sorprese e mostrarci opportunità che il ritmo impostoci dal nostro modello di società non ci fa cogliere. Ecco la storia del nostro “eroe”: il baffuto e silenzioso ferroviere Odd Horten (interpretato da Bård Owe, attore noto anche per la serie cult “The Kingdom” di Lars von Trier) all’età di sessantasette anni e quarant’anni di servizio come conducente di treni principalmente sulla linea Oslo Bergen, finalmente potrà andare in pensione. 

La quotidianità del macchinista è composta da piccole abitudini rituali, tra cui la pipa perennemente accesa in bocca e la visita a una signora di Bergen che accoglie Odd al termine dei suoi viaggi, una vita tutta scandita dai ritmi lavorativi e dagli orari dei treni il cui sferragliare è spesso il rumore di sottofondo di molte scene. Ma ecco che avviene l’impensabile e Horten arriva in ritardo alla partenza del suo ultimo treno.

In questo strano momento della sua vita e tanto tempo a disposizione, Horten si imbatte in alcuni personaggi teneri e bizzarri: un bambino che lo coglie in flagrante nel proprio appartamento perché il portone di ingresso del condominio non funziona (per tenere compagnia al bambino Horten arriverà appunto in ritardo alla stazione) , una donna, che conosce le sue marche preferite di pipe,  un vecchietto che si presenta come un diplomatico amante di arti primitive/inventore incompreso, con l’inquietante abitudine di guidare per le strade con gli occhi bendati. Il protagonista sembra quasi subire con stupore e amabilità questa nuova vita fatta improvvisamente di incontri, nuove esperienze, disguidi, ritardi e situazioni paradossali. Dopo aver guardato per anni il mondo reale scorrere veloce attraverso il vetro della propria postazione senza mai soffermarsi, capisce che può iniziare finalmente un altro viaggio o affrontare addirittura la sfida di mettersi gli sci ai piedi per lanciarsi dal trampolino e passare il suo tempo da lì in avanti con l’amica del cuore. Come in una fiaba il messaggio è chiaro: trova te stesso, cogli al volo la possibilità di poter gestire il tuo tempo in modo diverso e non aver paura di rimetterti in gioco, a qualunque età!